giovedì 29 luglio 2010

La morte in missione di pace non fa più notizia.

Una volta alla morte dei soldati italiani in Afghanistan si dedicava il titolo principale. Se la cavicchia solo il nemico.

Evidentemente non fa più notizia.





3 commenti:

nonunacosaseria ha detto...

purtroppo, non mi stupisce.
ci stiamo normalizzando la morte in guerra. e lo stiamo facendo da anni. ma perché a voi sembra normale - tanto per dirne una - che una missione come quella in Iraq (perdipiù illegittima sotto il profilo del diritto internazionale) sia stata votata senza che uno solo dei parlamentari dell'allora maggioranza abbia detto "peh"?

Fabio P ha detto...

Quindi bisogna aprire il giornale ogni volta con la notizia di un soldato ucciso? Diciamolo una volta per tutte: sono soldati volontari, hanno scelto loro di fare il soldato, il soldato è uno che va in guerra, e uno che va in guerra rischia di morire. Quindi: il soldato che muore in guerra (così come il signor Quattrocchi) non è stato costretto a farlo e non sta difendendo la patria, ma è un morto sul lavoro, nè più nè meno. Apriamo la prima pagina dei giornali anche ogni volta che un muratore muore cadendo dall'impalcatura? Piantiamola con la retorica, per favore.

pippo ha detto...

Fabio P ha pienamente ragione.
Non sono i soldati della prima o seconda guerra mondiale, intere generazioni mandate allo sbaraglio al fronte di guerra, obbligati e impreparati, a difendere la nazione.
Questi sono ragazzi che, magari per reale passione, magari per tirar su qualche soldo, SCELGONO di andare a fare la guerra.Non a raccogliere fiorellini e lamponi. E fin da bambini si sa che la guerra è pericolosa. Piu di fare il muratore o lavorare in fabbrica (in teoria). Eppure, come dice Fabio, per quest'ultimi nessuno si dispiace e indigna tanto, come se fosse normale morire in fabbrica e non in guerra, col fucile al collo.
Spiace per OGNI morte, ma non comprendo tutta l'importanza data in simili occasioni a notizie di questo tipo. Anzi, ne sono disgustato.